Signore, se mi guardo attorno,
il mondo mi appare disseminato di violenza
che sembra guidata da forze più grandi di noi,
e invece sono fatte da persone come noi,
che usano il più grande dono che tu ci hai dato,
la libertà, come uno strumento di conquista e di persecuzione. Signore, siamo stati così distratti, paurosi,
incapaci di fermarli ai primi segnali, perdonaci!
Signore, se mi guardo attorno
vedo anche la violenza che non fa vittime, ma che avvelena lo spirito,
la violenza di tanti rapporti quotidiani,
il sospetto che abbiamo verso i vicini e quelli che incontriamo tutti i giorni. Una violenza che rischia di diventare la nostra scuola,
e io so che quello che si impara a scuola non si dimentica più.
Perdonaci, Signore, se siamo stati più pronti a dare peso al male
che al bene, e trovare così scuse e giustificazioni
per essere a nostra volta violenti, con le parole, se non con la spada, e io so che la lingua uccide più della spada.
Perdonaci Signore, per la violenza subdola dell’indifferenza, dell’ignorare chi soffre, del lavarsi le mani come fece Pilato.
Un gesto in apparenza neutrale, ma che ha messo a morte tuo Figlio e tutti gli innocenti che per indifferenza muoiono nel mondo. Perdonaci di essere complici della violenza,
quando approviamo chi la fa, perché aveva ragione,
perché è stato provocato, perché ha delle attenuanti, perché si usa così…
Perdonaci per le violenze verbali, l’arroganza, l’impazienza,
lo sfoggio di potere che ci educano fin da piccoli,
che ci fanno alzare il dito del giudizio invece che la mano della misericordia, e che sono il terreno di coltura per tenere lontano il nostro prossimo,
i nostri familiari, i colleghi.
Infine, Signore, abbiamo sentito tante volte quelle tue parole: “beati i costruttori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio”. In nessun’altra beatitudine tu fai un paragone così alto.
Perdonaci se invece di avere scolpito quelle parole nei nostri cuori, ne abbiamo fatto una giaculatoria che ci scivola sopra.
Fonte: “per Carità” La dimensione contemplativa dell’incontro col povero nell’esperienza di Caritas Italiana