Incontro tenuto nella parrocchia di San Giacomo Fuori le Mura a Bologna, 18 ottobre 2023.
L’incontro avuto da don Luigi qualche anno fa a Bologna si concentra sul significato profondo della preghiera nella vita cristiana, enfatizzando che essa non è una mera pratica rituale o una richiesta utilitaristica, ma l’espressione di una relazione personale e continua con Gesù Cristo.
Don Luigi sottolinea che la preghiera autentica nasce dalla gratuità e dalla fiducia in Dio, inteso come un Padre amorevole, e non dalla paura o dalla ricerca di benefici. Viene evidenziato il Vangelo di Luca come esempio di Gesù che prega costantemente, dimostrando che la preghiera è il cuore della vita cristiana e un’esperienza trasformativa che cambia il credente.
Infine, si incoraggia a trovare il proprio modo di pregare, basato sulla propria unicità e sulla perseveranza, poiché la preghiera è un cammino di crescita nell’amore e nella relazione con Dio.
Dopo il video può esser letta la trascrizione.
Grazie di questa presenza, di questo abbraccio che dice soprattutto, ehm, il bisogno urgente del tema, mh, che è il tema della preghiera. Come cristiani siamo diventati esperti di tantissime cose, ma a volte ci siamo persi la cosa più importante, quella più basilare: cioè il nostro rapporto con Dio. Allora, è bello pensare come in questo momento storico noi facciamo degli incontri attorno alla preghiera e questi incontri creano un popolo, una grande attesa, un bisogno di poter ascoltare qualcosa che possa nutrire la nostra vita di fede, ma anche la nostra vita normale.
Ora, cosa ho immaginato di fare con voi questa sera? Cioè, che cosa vorrei condividere con voi? Una riflessione che mi è stata data proprio con lo scopo di introdurre questo percorso. Poi verranno, grazie a Dio, dei relatori molto più competenti che scenderanno nello specifico dell’Antico Testamento, del Nuovo Testamento, della prassi cristiana, di quello che è la teologia. Io vorrei semplicemente essere come una sorta di antipasto di questa buonissima cena, eh. È un antipasto che possa far venire il desiderio della preghiera, perché poi in fondo noi abbiamo bisogno non semplicemente di capire che cos’è la preghiera, come si prega, ma soprattutto se noi abbiamo ancora il desiderio della preghiera. E quando ci rivolgiamo al Vangelo, ci accorgiamo che Gesù non ha mai fatto un discorso moralistico sulla preghiera e cioè non ha mai invitato esplicitamente alla preghiera, così come un maestro può fare nei confronti dei suoi discepoli. Ma in realtà, il tema della preghiera emerge come un desiderio dei suoi stessi discepoli mentre vedono Gesù pregare, vedono Lui pregare e gli viene la voglia di dire: «Ma insegnaci a pregare anche a noi». Ed è una cosa molto bella, è quella che gli ultimi pontefici tentano di dire in tutti i modi, che è la forma di evangelizzazione più importante, quella che avviene per attrazione: mostrare la bellezza di qualcosa fino al punto che a una persona gli viene il desiderio di voler fare lui questo tipo di esperienza. E oggi che San Luca, l’evangelista Luca, è proprio l’evangelista che più di tutti gli altri nel dipingere Gesù, quando noi leggiamo i racconti di Luca, troviamo un’immagine che viene fuori dai suoi racconti. Lui ha fondamentalmente due grandi preoccupazioni: far emergere davanti ai nostri occhi la misericordia di Gesù e quindi la sua capacità di amare, e poi la sua capacità di pregare. Questo è il motivo per cui il Vangelo di Luca è il Vangelo del Gesù orante e del Gesù misericordioso. Quindi, misericordia e preghiera sono i tratti fondamentali.
E se un evangelista perde tempo, investe tempo a scrivere dei racconti che fanno trasparire questo atteggiamento di preghiera di Gesù, certamente lo fa perché innanzitutto i suoi discepoli, le persone che hanno frequentato in prima persona Gesù, avranno colto di Lui tutto questo. Ma poi anche per indicare alla Chiesa, la Chiesa che si mette a leggere quel Vangelo, che la preghiera non è un optional, non è qualcosa che possiamo mettere accanto alla vita cristiana, ma che è il cuore della stessa vita. Questo è il motivo per cui, se voi leggete Luca, vi accorgerete che tutte le tappe fondamentali della vita di Gesù sono tutte introdotte dalla preghiera. Lui riceve il battesimo mentre è in preghiera; quando è sul Tabor, mentre è in preghiera, si trasfigura davanti a tutti; prega nel Getsemani; prega da solo sulla montagna; prega prima di compiere un miracolo. Gesù prega costantemente, prega.
Ora, mi piacerebbe tanto che ciascuno di noi fissasse lo sguardo su di Lui e nascesse nel cuore la stessa richiesta: «Insegnaci a pregare, Signore, insegnaci a pregare». Ma proprio per far questo noi dobbiamo allontanare da noi tutto ciò che preghiera non è, e cioè chiarire a ciascuno di noi che forse abbiamo nella nostra testa delle immagini di preghiera, delle convinzioni sulla preghiera, che preghiera non sono. Ad esempio, la maggior parte di noi può essere convinta che la preghiera è una formula, eh, sono delle parole che magari abbiamo imparato quando eravamo piccoli e che ci vengono in aiuto ora che siamo grandi: il Padre nostro, l’Ave Maria, il Gloria al Padre, una giaculatoria e le formule che ripetiamo nella liturgia. Noi chiamiamo tutto questo preghiera, e in realtà stiamo dicendo una cosa vera ma allo stesso tempo qualcosa di impreciso. La preghiera non è una formula, e proprio perché non è una formula, non può essere trasmessa così come si trasmette una tecnica: “Se io seguo queste regole, allora certamente sto pregando e il risultato sarà questo o quest’altro”.
La preghiera è qualcosa di molto più semplice, di molto più basilare: è l’espressione di una relazione. E questo può sembrare qualcosa di assolutamente banale, ma in realtà, come vedremo tra un istante, è ciò che noi molto spesso ci perdiamo nella nostra vita cristiana e a volte anche nel modo con cui noi siamo Chiesa. Ora, immaginate un uomo e una donna che si amano e decidono di fare famiglia e qualcuno gli domanda: “Raccontaci, raccontateci che cosa significa essere famiglia”. E se questo marito e se questa moglie, per raccontare la loro famiglia, cominciano a dire: “Famiglia significa imparare a fare dei sacrifici, svegliarsi presto la mattina e andare al lavoro, costruire insieme una casa, fare le cose insieme”, capite, è la somma di tante regole, una sorta di morale, ma questo è sbagliato, perché non è così. Essere famiglia significa innanzitutto essere due persone che tentano di volersi bene, cioè che hanno una relazione. Poi, su quella relazione, si possono mettere anche delle regole, si può costruire uno stile, si possono fare delle scelte, ma fondamentalmente non potrebbe esistere nessuna famiglia se non ci fosse una relazione, cioè se quell’amore, prima di essere una regola, è innanzitutto un rapporto. Se io non ho una relazione con la persona che amo, posso anche fare famiglia con quella persona, ma quella famiglia non mi santifica, quella famiglia non assomiglia a nulla a quello che il Signore mi ha insegnato. L’amore non è un dovere, è un rapporto.
Allora, quando noi diciamo che l’amore, per essere amore, ha bisogno di un rapporto, di una relazione, noi stiamo dicendo qualcosa che può illuminare che cos’è la preghiera. Quando noi diciamo: “Come cristiani abbiamo bisogno di pregare”, non significa che Dio ha bisogno delle nostre preghiere, che ha bisogno delle nostre formule o che noi, così come vedremo, abbiamo bisogno di Lui perché dobbiamo prenderci dei benefici da Dio. Stiamo semplicemente dicendo che, per essere cristiani, noi dobbiamo domandarci se abbiamo sì o no un rapporto con una persona che si chiama Gesù. Questo rapporto con la persona di Gesù è la preghiera. Ora, il nostro vero problema è esattamente questo, perché la maggior parte del nostro cristianesimo non è l’espressione di una relazione, ma è ad esempio adesione a dei valori. “Io sono cristiano perché credo in questo, in quest’altro, perché mi comporto in questo modo, perché ho queste convinzioni”. Ma questo non è il cristianesimo. Il cristianesimo che ti salva la vita è l’incontro con la persona di Gesù Cristo. Attenti, non l’incontro con l’insegnamento di Gesù. Questa è una conseguenza dell’incontro con la persona di Gesù, perché se noi ci prendiamo l’insegnamento di Gesù, dimenticandoci della sua persona, noi abbiamo smesso di essere veramente dei cristiani.
I cristiani sono quelli che capiscono che la cosa più interessante del cristianesimo è Gesù Cristo, la sua persona. E guardate, è talmente tanto importante che anche quando non capiamo il suo insegnamento, abbiamo sempre il tempo di poterlo apprendere un po’ alla volta, di entrarci un po’ alla volta nella sua mentalità, nelle cose che vuole trasmetterci. Ma non dobbiamo mai perdere di vista che la cosa più interessante della nostra esperienza cristiana è la persona di Gesù. Quando Gesù comincia la sua attività pubblica, i tre anni di vita pubblica, Lui costruisce la maggior parte della sua predicazione tentando di spiegare alla sua gente, al popolo di Israele, a coloro che pensano di essere esperti di Dio perché sono dottori della legge, perché sono dei teologi, perché conoscono a menadito tutte le regole del culto, di come una persona si deve comportare, dei precetti che deve seguire, tutta questa gente è esperta delle cose di Dio, ma ha smesso di essere in rapporto con Dio. Possiamo sapere tante cose di Dio, dire tante cose di Lui, ma l’unica cosa che ci fa essere davvero dei credenti è se noi abbiamo sì o no una relazione con Lui. Allora, un cristiano che dice di essere cristiano ma che non prega è come una persona che dice di amare ma non ha nessuna relazione con la persona che sta amando. E voi sapete che la relazione è fatta di cose molto concrete: parlare con qualcuno, ascoltare qualcuno, avere cura di qualcuno, aiutare qualcuno, lasciarsi aiutare da qualcuno. Cioè, la relazione non è una cosa astratta, è una cosa molto concreta. Anche la preghiera, per essere preghiera, deve essere molto concreta perché deve essere l’espressione di una relazione.
Allora, capite, noi dobbiamo sempre domandarci non se sappiamo pregare bene, ma se stiamo pregando. Cioè, se abbiamo capito che non possiamo davvero vivere un’esperienza cristiana se non ci mettiamo in gioco in questo rapporto, in questa relazione. A volte nel mio ministero, ma credo di non essere unico a fare questo tipo di esperienza, incontro delle persone che dicono: «Io ho un grande desiderio di amare, ma non so come si fa». È molto semplice: se tu vuoi imparare ad amare, devi cominciare ad amare. Cioè, devi cominciare con dei tentativi, devi cominciare a dire: “Che cosa significa amare per me?”. Io non amo mai in astratto, amo qualcuno: amo le persone che sono in casa con me, amo i miei amici, amo mia madre, mio padre, mio figlio, mia moglie, mio marito, le persone che mi stanno intorno. E amare, che cosa significa? Provare ad amare. A volte mi va bene, a volte mi va male, a volte non ci capiamo, a volte ci scontriamo, ma l’amore è il tentativo di amare. E più tu ti eserciti in questo tentativo, più diventi esperto nell’amore; più provi ad amare, più diventi bravo ad amare. Se frequenti un corso sull’amore ma non ti metti in gioco nell’esperienza, tu hai delle grandi competenze sull’amore ma non sei cresciuto in realtà nell’amore, perché l’amore è un’esperienza. È come un bambino che deve imparare a camminare: lo fa per tentativi, lo fa un po’ alla volta, lo fa cadendo, rialzandosi, ma in quel tentativo piano piano diventa esperto di qualcosa. È un’arte pratica.
La stessa cosa è la preghiera. Se noi vogliamo imparare a pregare, non è troppo poco seguire un corso sulla preghiera, leggere dei libri sulla preghiera, ascoltare qualcuno che ci parla della preghiera. Se tu vuoi imparare a pregare, prega. Dice: “Ma io non so come si fa”. Inizia dicendo: “Non so come si fa”. Cioè, la cosa più difficile della preghiera è iniziare a pregare, dopodiché è tutto in discesa, perché man mano che una persona comincia a esercitarsi nella preghiera, capisce, comprende come si costruisce questa grande esperienza che ci può cambiare la vita.
E perché ci può cambiare la vita? Guardate, cerco di spiegarlo in questo modo. Allora, se la preghiera è l’espressione di un rapporto, di una relazione, voi sapete che noi non abbiamo la stessa relazione con tutte le persone. Ci sono persone con cui la nostra relazione è più profonda, più intima, e non esiste un manuale che ti dice: “La relazione ideale dovrebbe essere così”, perché ognuno di noi è unico e irripetibile. È unico nella nostra unicità. Dobbiamo imparare che cosa significa per me essere unico, costruire un rapporto unico. Ad esempio, ci sono delle persone che sono bravissime nell’ascoltare, altre persone che sono bravissime proprio nel fare delle cose concrete per qualcuno. Io ho vissuto in ambienti in cui c’erano persone che magari non riuscivano ad esprimersi con le parole, ma i loro gesti erano più importanti delle parole. Non sapevano, eh, aprire la bocca e fare delle frasi romantiche, però tu arrivavi a casa e trovavi il piatto pronto e quando stavi male quelle persone erano accanto a te. Cioè, avevano sviluppato un loro modo di dire “Ti voglio bene”. E tu puoi sapere che per voler bene a qualcuno puoi usare le parole, puoi usare i gesti, puoi usare le scelte, puoi usare un bigliettino, puoi usare una canzone, puoi mandare un messaggio. Non esiste un unico modo per esprimere l’amore. Ci sono persone che si dicono semplicemente: “Ti amo”, e altre invece che si abbracciano. Che cosa è meglio? Non c’è un meglio o un peggio. La domanda è: che cosa mi aiuta a me ad esprimermi nel migliore dei modi, la parola, il gesto, il segno?.
Allora, capite che per imparare a pregare noi dobbiamo farci una grande domanda: “Io come sono capace di costruire delle relazioni? In che modo io costruisco delle relazioni?”. Perché se io riesco a comprendere come mi muovo io nel costruire le relazioni, capisco anche qual è la direzione della mia preghiera. Questo è il motivo per cui, se sfogliate il Vangelo, vi accorgerete che ci sono dei momenti in cui Gesù entra in rapporto con le persone in maniera diversa. Pensate al tempo che Gesù perde con un discepolo strano, Nicodemo, che lo vuole incontrare di notte per non perdere la faccia perché è una persona conosciuta che occupa un posto importante all’interno del Sinedrio, della società. Incontra Gesù di notte e Gesù si lascia incontrare di notte da quest’uomo e parlano, discutono. Nicodemo capisce poco delle spiegazioni di questo Rabbunì che lo affascina moltissimo, e un po’ alla volta questo discepolo, parlando, discutendo, diventa sempre più discepolo di Gesù. Fino al punto che, pensate bene, quest’uomo che inizialmente si vergognava di incontrare Gesù di giorno e lo voleva incontrare di notte, sarà uno dei due personaggi, Lui, eh, insieme a Giuseppe d’Arimatea, che trovano il coraggio, quando Gesù muore in croce, di andare a prendere il corpo, di calarlo e di portarlo per la sepoltura. I suoi migliori amici, Pietro, Giacomo, Giovanni, i dodici, non ci sono in quel momento, Nicodemo sì, Giuseppe d’Arimatea sì, sono lì.
Allora, capite che tu puoi partire svantaggiato, puoi pensare di essere molto lontano da Lui, di non avere nessuna intimità con Lui, per poi ritrovarti alla fine della storia a fare qualcosa che è più intimo di tutti gli altri. Allora, nessuno pensi che non è capace, che è lontano, che non ha i mezzi. Ognuno può imparare a pregare così com’è, sviluppando quella che è la sua modalità. E vi dicevo Nicodemo, perché Nicodemo parla. Ma quante volte Gesù si accosta a persone che non parlano? Si lascia toccare dalla emorroissa, prende la mano della figlia di Giairo, la rimette in piedi. Non si parla di grandi discussioni. Gesù non dialoga con Lazzaro che è chiuso nel sepolcro, lo tira fuori, grida a lui: «Esci da qui!». Però non viene riportato nessun discorso che Lazzaro fa con Gesù, quasi a dire che non hanno bisogno nemmeno di parlare, sono davvero amici, c’è intimità con loro. Sapete perché vi sto dicendo questo? Perché magari c’è in mezzo a voi chi vive la preghiera ad esempio come l’adorazione. E che cos’è l’adorazione? Parlare con Gesù? No. Star lì con Lui come si sta con una persona che ami e non hai bisogno di parlare perché ci si capisce, perché c’è intesa. Allora, ognuno di noi trova il proprio modo per pregare, trova il suo alfabeto, trova la sua modalità. Quindi, la prima cosa che dovremmo toglierci di dosso è che esiste una preghiera buona e una preghiera cattiva. No, esistiamo noi con la nostra diversità e dobbiamo domandarci: “Che cosa mi aiuta ad esprimermi in questa relazione con il Signore?”.
Ma ancora, e questa è una domanda che dovrebbe fare da introduzione a tutto: “Io ho incontrato Gesù come una persona o ho incontrato invece Gesù semplicemente come una dottrina o semplicemente come una morale?”. Ho capito che la cosa più importante è la persona di Gesù Cristo. Ecco, se l’ho capito soltanto questa sera, bene, da questa sera comincerò a frequentarlo ricordandomi che è una persona, ricordandomi che io posso frequentarlo come una persona. Da questa sera comincerò a rivolgergli la parola, comincerò ad avvicinarmi a Lui un po’ alla volta, comincerò a costruire con Lui una relazione. Diventeremo ogni giorno sempre più amici, perché da oggi in poi io comincerò a trattare Gesù non semplicemente come l’adesione a qualcosa, ma come l’incontro con qualcuno. Guardate che soltanto se tu incontri Gesù in questo modo, hai la vita salva. Ecco perché la preghiera ci salva la vita, perché la preghiera è come se volesse dire a ciascuno di noi: “Non ti dimenticare chi hai incontrato nella vita, frequenta chi può salvare la tua vita, stai accanto a chi può far svoltare la tua esistenza”.
C’è un momento nel Vangelo in cui la gente che sta ascoltando Gesù sente che il suo discorso è talmente tanto esigente e forse troppo alto per loro, e le folle che sono migliaia, che sono attorno a Lui, cominciano a sfoltirsi, si allontanano da Lui. Allora Gesù, forse un po’ deluso da questa defezione delle persone che lo stavano seguendo, si rivolge ai suoi discepoli e dice ai suoi discepoli: «Volete andarvene anche voi? Quella è la porta». E Pietro ha un’espressione bellissima davanti a quell’invito, dice: «Signore, da chi andremo? Tu solo hai parole di vita eterna». E guardate, in quella frase c’è tutto, eh, perché Pietro è come se stesse dicendo a Gesù: «Pure per noi è difficile capirti, pure per noi a volte è troppo alto quello che ci stai domandando, è troppo radicale, ma dove andiamo? Dove andiamo? Tu soltanto hai parole di vita eterna».
E poi, sapete, le relazioni non sono mai uguali, crescono con noi e non sono mai nello stesso modo. Ad esempio, nelle relazioni ci si capisce, ma a volte si litiga; nelle relazioni a volte ci si sente molto complici e altre volte invece sembra che c’è indifferenza. Tutte queste cose che normalmente capitano nelle nostre relazioni, noi le ritroviamo tali e quali nella preghiera. Non spaventatevi, non pensate di non saper pregare semplicemente perché in questo momento vi sembra che c’è distanza tra voi e il Signore. Nessuno può rompere questa relazione di amore, e anche se ci sono dei momenti in cui tu hai la sensazione che c’è qualcosa che non sta funzionando tra di noi, non smettere di essere in rapporto con Lui, in relazione con Lui.
Allora, guardate che abbiamo già fatto due tappe importanti, abbiamo già detto due cose importanti:
- Che cos’è il cristianesimo per me? È l’incontro con la persona di Gesù.
- Se lo è, se è davvero l’incontro con la persona di Gesù, allora che cos’è la preghiera? È costruire una relazione con Lui fatta di tutti gli alfabeti relazionali: parole, gesti, segni, silenzi, distanze, vicinanze.
Ci sono stati dei momenti in cui io ho vissuto molto lontano dalle persone a cui volevo bene fisicamente lontano, ma nessuno poteva mettermi, allontanarmi dal cuore l’affetto che avevo per queste persone. E anche se fisicamente eravamo lontani, il pensiero era sempre rivolto a queste persone, il mio modo di essere in relazione con quelle persone si svolgeva attraverso un continuo pensiero nei loro confronti, i miei pensieri erano il modo di relazionarmi con loro. A volte succede così anche per noi: non possiamo stare tutto il giorno qui davanti alla presenza reale di Gesù nell’Eucaristia, ma possiamo stare ovunque ed essere in rapporto con Lui perché lo pensiamo, perché rivolgiamo i nostri pensieri a Lui, perché c’è qualcosa di noi che ogni tanto si rivolge a Lui, esattamente come facciamo con le persone a cui vogliamo bene.
Sappiamo che in questa relazione siamo in due, non in uno, uno che sta fermo e l’altro che tenta di entrare in relazione. No, siamo due persone che tentano di amarsi. Anche Lui tenta di parlarci, anche Lui tenta di fare qualcosa per noi, anche Lui si muove nei nostri confronti. E guardate, ho usato appositamente questa parola “tentare di fare qualcosa” perché Dio non forza la nostra libertà. Attraverso l’incarnazione, cioè da quando il Verbo si è fatto carne ed è venuto ad abitare in mezzo a noi, Gesù ha scelto la via ordinaria per entrare in rapporto con noi. Questo è il motivo per cui la gente poteva dirgli di sì e chiudergli la porta in faccia, poteva ascoltarlo e non farlo entrare nella propria casa, nel proprio villaggio, poteva ascoltare una parola che cambiava la loro vita e poteva invece continuare come se nulla fosse, poteva sentire parole che gli convertivano completamente i ragionamenti, lo sguardo, oppure potevano prendere delle pietre in mano e tentare di ucciderlo. Il Vangelo è pieno di persone che davanti a Gesù sono libere. E la testimonianza più alta della libertà, lo sapete qual è? Giuda. Giuda ha la libertà di allontanarsi da Lui in maniera totale, radicale, di fare qualcosa di contrario a questa relazione, di tradirlo, di condannarlo. E non so se vi siete accorti, nel Vangelo non c’è nessun fulmine dal cielo che bruciò Giuda. Giuda muore perché lui si uccide, non è Dio a ucciderlo, è lui che si autodistrugge quando si accorge di quello che ha fatto, per lui è insopportabile aver fatto questa cosa. Ma è lui, l’inferno di Giuda è Giuda.
Ma guardate, la libertà non è la stessa libertà che viviamo noi. Noi possiamo passare tutta la vita senza mai entrare in una chiesa, possiamo passare tutta la vita senza mai fermarci davanti al tabernacolo a dire: “Tu sei qui, Signore”. Nessuno ci obbligherà a farlo, niente. E anche quando qualcuno ci spinge a farlo usando dei sensi di colpa, questa cosa non funziona nella preghiera, perché la preghiera funziona se siamo liberi, esattamente come le relazioni di amore. Se tu ami qualcuno perché sei sotto scacco psicologico di questa persona, tu non stai amando questa persona, quella è una relazione tossica, non una relazione di amore. Una relazione di amore vuole libertà, bisogna essere liberi entrambi. E Gesù, avete mai ascoltato con attenzione quando nella messa il sacerdote dice: «Egli offrendosi liberamente alla sua passione». Liberamente, nessuno l’ha obbligato, eh. Non è che Gesù va a morire perché il Padre lo obbliga a morire, lui liberamente fa la volontà di suo Padre, dà la vita per ciascuno di noi, ci ama liberamente e vuole essere amato liberamente. Allora, se tu vuoi, vieni da me; se tu vuoi, cominciamo a costruire un rapporto tra di noi; se tu vuoi, noi possiamo tentare di amarci.
Ma voi sapete che, così come nelle relazioni tra di noi non sempre le relazioni sono sintomo di amore, anche nella preghiera può succedere la stessa cosa. Prima deviazione, cioè ciò che preghiera non può essere e che molto spesso invece ricopre un ruolo importante della preghiera, ricopre il centro della nostra vita: è l’utilitarismo. Io ricordo che quando andavo all’università, quando cominciavamo ad andare a lezione, sistematicamente c’erano delle persone che ti ignoravano proprio, non ti salutavano, tu andavi in classe come se nulla fosse, eccetera. Come si avvicinava la sessione di esami, scoprivi amici nascosti. Non vi dico quando qualcuno di noi sapeva fare qualcosa in più, ah, migliaia di amici, centinaia di amici!. È l’utilitarismo. “Mi servi e quindi esisti”. Tu puoi chiamare questo amore? No, è utile. Ti ricordi di qualcuno soltanto quando ti serve. Per esempio, noi siamo convinti di avere molti amici, e in realtà sapete quando ci accorgiamo chi sono gli amici? Quando tutto ci va male e vediamo chi ci rimane di fianco, perché solitamente quando tutto ti va male, piano piano scompaiono anche quelle persone che tu pensavi essere tue amiche. E cioè, finché tu puoi dare qualcosa in contraccambio, trovi qualcuno di fronte a te, ma quando non hai più niente da dare, chi è che ti rimane di fianco? Soltanto chi ha deciso di volerti bene. Ora, se questa cosa funziona tra di noi e ci ferisce, questa cosa succede anche nella preghiera. Quando noi preghiamo? Quando abbiamo bisogno. Quando sono i momenti in cui riscopriamo la preghiera? Quando c’è qualche cosa che ci incombe nella vita, che ci fa soffrire, che ci mette in pericolo, di incanto ci ricordiamo di pregare, perché vogliamo ottenere qualcosa. Quindi, attenti, amici, noi non stiamo amando Dio, ci serve Dio. E la cosa che potrebbe anche condurci fuori strada, lo sapete qual è? È che Gesù non fa miracoli soltanto alle persone che se lo meritano, fa miracoli anche a persone che non se lo meritano, fa miracoli anche a persone che sono ingrate, che lo lasceranno, che lo abbandoneranno. Ora, noi domandiamoci: “Quando preghiamo, quando abbiamo bisogno di qualcosa, beh, quella non è un’espressione di amore, è espressione di utilitarismo”. Così come è una forma di ipocrisia nelle nostre relazioni umane, la stessa cosa è una forma di ipocrisia nella nostra relazione con Dio. Non si può cercare Dio soltanto quando abbiamo bisogno, bisogna amarlo in ogni circostanza della nostra vita.
Sto per dire una cosa che può sembrare eretica: bisogna amare Dio anche quando Dio non ci serve, se esistesse un momento in cui Dio non ci serve. Però, diciamo, c’è un momento nella vita in cui pensiamo di poter andare avanti da soli, no, camminare con le proprie gambe. Tante volte proprio per il ministero che mi è capitato di vivere nel mio sacerdozio stando accanto ai giovani, che cosa può succedere? Certe volte sono bello, sono intelligente, ho una salute straordinaria, le ragazze mi vengono dietro o i ragazzi mi vengono dietro, vado bene all’università, non ho bisogno di nessuno perché in fondo mi sembra di avere il mondo in mano. Quello è il momento in cui una persona può cancellare la propria vita spirituale perché pensa di non avere bisogno di Dio. Ma questa è una grande illusione, perché in realtà Dio gode quando tu cammini con le tue gambe, non è che Dio ti rompe le gambe in modo tale che ti accorgi di Lui. Gode quando tu sei felice, gode quando tu sei intelligente, quando dai il meglio di te, esattamente come una persona che ti ama è felice quando tu sei felice. Ma come puoi dimenticarti di chi ti ama quando sei felice? Se la tua felicità ti rende un cieco, tu che cosa sei? Uno che ama? No, sei un egoista. Allora, a volte questa è la nostra preghiera cristiana: noi preghiamo soltanto quando abbiamo bisogno.
Seconda deviazione della preghiera, non è l’utile in questo caso, ma è un’altra parola che caratterizza molto spesso le nostre vite: è la paura. Tu puoi pregare per paura. Paura di che cosa? “Eh, se non faccio questa preghiera magari la giornata mi va storta”. “Se non vado a messa la domenica e allora io rischio l’inferno”. “E se non faccio questo e se non accendo quell’lumino alla Madonna, magari poi le cose…”. Cioè, una sorta di superstizione che celebra in realtà le nostre paure più ataviche. Noi preghiamo perché in fondo abbiamo paura e per gestire le nostre paure usiamo la preghiera. Ma noi possiamo dire che quella preghiera è amore? Non lo è per niente.
Vi ricordate quando Gesù, raccontando la parabola dei talenti, mette in scena questo racconto in cui a uno ne dà dieci, a uno ne dà cinque e poi ce n’è a uno, un servo, a cui gliene dà solo uno, in fondo è più semplice di tutti, ce n’ha soltanto uno, non deve intrallazzare con cinque, con dieci talenti. Qual è il discorso che fa questo servo? Dice: «Io so che questo padrone miete dove non ha seminato e raccoglie dove non ha sparso. Se io perdo questo talento, si arrabbierà moltissimo, allora faccio una cosa furbissima: lo nascondo, così quando lui torna io lo prendo e glielo riconsegno». Fa questo ragionamento e così nasconde il suo talento e quando arriva il padrone lui, tutto soddisfatto di questo ragionamento, va a disseppellire questo talento, glielo riporta indietro, dice: «Guarda, sono stato bravissimo, te l’ho ridato». Ma non ha capito niente, ha ragionato con la paura, ha ragionato con l’idea che aveva a che fare con un padrone cattivo. Avete in mente questa parola: padrone cattivo?. Quando Gesù deve spiegarci chi è Dio, lo chiama papà. Allora, il problema della paura nella preghiera nasce dal fatto che tu non credi che Dio è tuo padre, ma è qualcuno da cui difenderti.
Volete una prova di questo? Non succederà a Bologna, però, diciamo che in tante altre parti può succedere quello che sto per dirvi. La parte più difficile del Padre nostro, sapete qual è? “Sia fatta la tua volontà”. Oh, mamma, quando noi dobbiamo dire “Sia fatta la tua volontà” cominciamo a dire: “Ci stiamo mettendo nei guai”. “E se la volontà sua è una cosa che a me non piace?”. “E se la volontà sua è che io debba soffrire, che la volontà sua è che io mi debba ammalare, che la volontà sua è che io debba vivere la croce?”. Sapete, il demonio è terribile quando ci vuole convincere di qualcosa di distorto. Per noi è difficile dire “Sia fatta la tua volontà” perché in fondo noi non crediamo che ci ama. Perché se tu sai che uno ti ama, sapete cosa tu dici a una persona che sai che ti ama? “Facciamo come dici tu”. Tanto lo sai che ti ama, quindi il meglio che ti possa succedere lo sa quella persona perché ti ama, tu ti fidi. Allora, guardiamo le nostre preghiere: sono utilitaristiche? Sono il sintomo della nostra paura?. Allora noi possiamo dire: “Sì, stiamo pregando”, ma quella non è l’espressione dell’amore, non è una preghiera che ci salva.
Finalmente esiste una preghiera che è davvero preghiera perché è l’espressione dell’amore. Da che cosa tu ti accorgi che la preghiera è l’espressione dell’amore? Da due caratteristiche: le dico tutte e due e poi le spiego. La prima è la gratuità e la seconda è la fiducia. Che cos’è la gratuità? Diciamolo in maniera laica: gratis. Cioè, fare le cose gratis, non perché hanno uno scopo, ma gratis, nessuno scopo, se non perché ti fa piacere fare qualcosa, le cose gratuite. Allora tu preghi perché hai bisogno? No. Tu preghi, è espressione di gratuità, è gratis, nessuno ti paga per dare un bacio a tua moglie, tranne se hai paura, dice: “Se non la bacio mo’ comincia con la storia che non le voglio bene”. Allora, fai il bacio, tutta questa cosa non è espressione. Il bacio vero è quello gratuito, quello che… “E adesso, ma perché mi hai fatto questo regalo?” “Così, perché volevo farti un regalo”. Non c’è scritto da nessuna parte, è gratis. Guardate, è una cosa bellissima, le persone incontrano l’amore quando incontrano la gratuità. Invece noi viviamo in un mondo dove alla fine ti presentano sempre il conto. L’amore è quando nessuno ti presenta il conto. “Ti ho amato e basta, ti ho voluto bene e basta”. “Perché stai facendo questa cosa?” “La sto facendo gratis”.
La gratuità, sapete, Dio ha un suo modo di rispondere alla gratuità, sapete qual è il modo che Dio usa per rispondere alla gratuità? La grazia. Vi siete mai domandati che cos’è la grazia? La grazia è la gratuità di Dio. Quando il Signore ci fa grazia senza motivo, siamo vivi, ci aiuta ogni giorno nelle cose di ogni giorno. Guardate, noi non ci accorgiamo tutte le volte che Dio ci vuole bene perché Lui non ama mettersi in mostra quando ci ama, non vuole farci grazia in modo tale che lo applaudiamo, ci fa grazia in maniera segreta. “Non sappia la destra ciò che fa la sinistra”. Non si mette in mostra. La nostra vita è circondata di grazia di Dio, ma noi non lo sappiamo. Che cosa significa pregare? Significa per noi imparare la gratuità, ma significa anche accettare la sua grazia. Cioè, tu accetta di essere amato gratuitamente da Dio, lasciati voler bene da Lui in maniera gratuita. Dice: “Ma io non… Tu ne hai bisogno!”. Non dire che non ne hai bisogno, tutti abbiamo bisogno di sentirci voluti bene, tutti abbiamo bisogno di sentirci amati. Lasciati amare, lascia che la grazia di Dio possa entrare dentro la tua vita.
Allora, capite perché quando andiamo a messa possiamo dire che abbiamo ricevuto la grazia di Dio?. Quando ci confessiamo, possiamo dire di aver ricevuto la grazia di Dio. Quando ci mettiamo a dire il rosario, possiamo dire di aver ricevuto la grazia di Dio. Quando leggiamo la parola di Dio, possiamo dire di aver ricevuto la grazia di Dio. Che cosa significa? Che in quei gesti abbiamo lasciato che la gratuità dell’amore di Dio entri dentro la nostra vita. E da che cosa te ne accorgi? Attenti, perché immediatamente tu vedi un cambiamento? No, solitamente lo vedi molto dopo e quando meno te l’aspetti. Il Signore ascolta sempre le nostre preghiere. Il Signore ci prende sempre a cuore nelle cose che gli domandiamo, ma questa è una cosa molto importante. Siamo gratuiti, abbiamo capito che cos’è la grazia di Dio.
Seconda caratteristica: la fiducia. Ecco, la fiducia è il campanello d’allarme che ci fa comprendere se abbiamo incontrato il Dio di Gesù Cristo o il Dio che abbiamo ricevuto nella nostra educazione da situazioni familiari, da una cultura distorta, perché tutti noi possiamo convincerci che Dio non è un padre. Vedete, amici, io faccio sempre questo esempio perché è importante. Gesù per spiegarci Dio usa la parola padre. Perché Gesù usa la parola padre? Perché Lui ha fatto un’esperienza positiva di paternità umana. Suo padre, umanamente parlando, il suo padre putativo, adottivo, è Giuseppe. Giuseppe è una persona straordinaria. Per questo, quando Gesù deve trovare una parola che dica che cos’è veramente l’amore, usa la parola padre perché Lui ha avuto un’esperienza positiva di paternità. Ora, se tu hai avuto un’esperienza negativa di paternità e io ti dico: “Dio è tuo padre”, non ti sto facendo un favore perché mi sto rivolgendo a un’immagine che dentro la tua testa è ferita. Raccontavo in un testo che mi è capitato un ragazzo che è venuto a confessarsi e che era a disagio, dico: “Ma dimmi che cosa…” “Guarda, è una cosa che mi imbarazza tantissimo…”. E vi racconto brevemente, tanto nessuno potrà mai sapere chi è questa persona. No, ha avuto una vita difficilissima, abbandonato, eh, dal padre, la madre ragazza madre morta di cancro, lui da solo cresciuto dalla nonna. Ora, in parrocchia che cosa aveva sentito? Che Dio è padre. Beh, quando lui sentiva padre, si ricordava che suo padre l’aveva abbandonato, quindi ‘sta cosa non funzionava per lui. Allora dice: “Devo confessare una cosa proprio terribile”. Dico: “Dimmi”. “Quando io penso a Dio penso a mia nonna”. Vi fa sorridere, invece è una cosa bellissima, perché dentro di lui la nonna è l’amore. Se Gesù avesse fatto la stessa esperienza, ci avrebbe detto: “Dio è nonna”, perché voleva dire: “È qualcuno…”, ecco, l’esperienza positiva dell’amore.
Ora, questa è una bella domanda per noi: che immagine abbiamo di Dio?. È un’immagine positiva?. Tu ti accorgi di avere dentro di te un’immagine positiva di Dio se di Dio ti fidi. E se di Dio ti fidi, significa che tu non devi preoccuparti di nulla. Lui c’è, esiste, non ti lascia da solo, non ti lascia da sola, non ti abbandona. E stai vivendo qualcosa di difficile, ma tu puoi affrontare anche la cosa più terribile perché sai che c’è qualcuno che ti ama. Se sei convinto, se sei convinta che Dio è qualcuno che ti ama, è la fiducia che dice se noi crediamo nell’amore o meno. La fiducia, il contrario della fiducia è la paura. Ora, di Dio ci fidiamo?.
Guardate che Gesù arriva a morire in croce sentendosi anche abbandonato da suo padre, ma non smette di avere fiducia in suo padre. Infatti non scende dalla croce. Gesù per tutta la sua vita ha avuto fiducia di suo padre, per tutta la sua vita, anche quando aveva una percezione negativa, non ha smesso di avere fiducia. “Se dovessi camminare in una valle oscura, non temerei alcun male”, dice il salmo, “perché tu sei con me, il tuo bastone, il tuo vincastro mi danno sicurezza. Tu prepari per me una mensa sotto gli occhi dei miei nemici, cospargi di olio il mio capo, mi riempi il calice divino, il mio calice trabocca”. Questa è l’espressione della fiducia. Sta andando tutto male, il mare è in tempesta e io sono sereno perché ho fiducia. A che cosa serve la preghiera? A imparare ad avere fiducia. Capite come vi può cambiare la vita? Perché se tu preghi e aumenta dentro di te questo senso di fiducia, la tua vita è cambiata. La gratuità e la fiducia trasfigurano la nostra esistenza. Senza la preghiera la nostra vita è abbandonata all’utilitarismo, alla paura, al vivere in difensiva. Ecco perché poi cominciamo a vivere ansia, preoccupazioni, ci sentiamo schiacciati, perché non abbiamo fatto un’esperienza liberante, una vera esperienza.
Allora, capite che noi siamo arrivati fino a un punto per dire una cosa molto importante: può reggersi una vita cristiana senza la preghiera? No. Si può non pregare? Sì. Si può non pregare se tu non hai incontrato la persona di Gesù. Ma se hai incontrato la persona di Gesù, devi frequentarlo, devi costruirci un rapporto, devi trovare il tuo modo. Amici, guardate, su questa cosa insisto molto perché troverete sempre un prete che vi dirà: “Ma fai questa cosa che ti è utile”, “Ma fai quest’altra cosa che ti è utile”. E voi vagliate tutte le cose, però a un certo punto cercate di capire quello che a voi fa bene. Perché se a una persona fa bene pregare tutti e venti i misteri del rosario durante la giornata, lo preghi pure, ma se a te non è utile quella cosa, fai un’altra cosa, trova il tuo modo. Ognuno di noi deve trovare il suo modo e non si deve sentire in colpa perché io non faccio quello che fa quell’altro. Ogni tanto trovo nelle famiglie dove c’è qualcuno che magari vive un’intensa vita di preghiera e anche una certa religiosità e vuole obbligare gli altri a fare le stesse cose che fa lui o lei. Ma guardate, questa è una forma di violenza. Devi aiutare le persone a trovare il loro modo. “Se a te ti aiuta a far questo, fallo. Che cosa aiuta quella persona? Cosa lo aiuta?”.
Allora, dobbiamo trovare il nostro modo e, guardate, mentre preghiamo noi entriamo in un rapporto più profondo con Cristo e viviamo quello che lui dice nel Vangelo. A un certo punto, nello spiegare la preghiera, Gesù dice così: «Chiedete e vi sarà dato, cercate e troverete, bussate e vi sarà aperto, perché a chiunque chiede ottiene, chi cerca trova e a chi bussa gli sarà aperto». Perché Gesù dice una cosa che sembra così ovvia, banale?. E lo dice perché la gente non chiede, perché ha paura che nessuno gli darà risposta. La gente non bussa perché ha paura che dall’altra parte nessuno aprirà. La gente non cerca perché pensa che non esista nulla che possa dare il significato. E allora Gesù deve dire: «Ma se voi che siete cattivi sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro che è nei cieli non vi darà quello di cui avete bisogno?». «O invece di darvi il pane vi darà un serpente?». Non è possibile. Cioè, vedete che cosa sta dicendo Gesù? Non sta dicendo ai discepoli: “Dovete pregare esattamente con questa tecnica, esattamente in questo modo”. No, dice: “Dovete pregare esattamente con questa fiducia”.
E poi aggiunge un altro dettaglio, non dice: “La vera preghiera è quando tu sei sereno, tranquillo, non ti vengono pensieri negativi, sei rilassato, respiri bene, hai questo…” tutte le cose che noi, la performance della preghiera che noi cerchiamo, no, confondendo la preghiera con lo yoga o con qualcos’altro, no, eh, un training autogeno in cui dovremmo metterci lì e sentirci a ricercare il nostro benessere. Sapete cosa dice Gesù? Che l’unica caratteristica che deve avere la preghiera per essere davvero preghiera è l’ostinazione. Per spiegarlo racconta la storia della vedova insistente. Dice: «Dovete essere così petulanti come questa donna che va là, bussa, “Fammi giustizia, fammi giustizia, fammi giustizia”». E quello è un giudice iniquo, corrotto, ma che per togliersela davanti le fa giustizia. E guardate che Gesù sta dicendo questo per dire: «Anche se avete un’immagine sbagliata di Dio, cioè pensate che sia un giudice corrotto, non smettete di cercarlo perché sarete ascoltati per la vostra ostinazione».
Quindi, qual è il segreto della preghiera? Smettere di pregare?. “Ma io non prego perché non sento niente”. Continua a pregare. “Ma io quando prego mi distraggo”. Continua a pregare. “Ma io quando prego non ottengo mai le cose che domando”. Continua a chiedere. Non smettiamo di pregare, e a un certo punto ci accorgeremmo che la preghiera ci avrà cambiati, ci ha cambiato la vita. Sapete, se dopo il Vangelo vi mettete a leggere gli Atti degli Apostoli, vi accorgerete che quei fifoni dei discepoli, quelli che se ne sono scappati tutti, quelli che l’hanno rinnegato come Pietro, quelli che non hanno avuto il coraggio di dare le risposte giuste, quelli che non erano all’altezza quando Gesù era lì presente, poi leggetevi gli Atti degli Apostoli e vi accorgerete che queste persone riescono a fare cose che prima non riuscivano a fare. Pietro può guarire le persone, può consolare. Giacomo può morire martire senza avere paura. Giovanni può dire cose profondissime senza diventare talebano, perché era talebano.
Guardate, questo è il miracolo della preghiera: se tu sei in una relazione di amore, cambi. A me mi è successo tante volte con i miei ragazzi, e incontravo magari, soprattutto il lato maschile, no, un po’ teste così calde e che combinavano problemi, che non concludevano niente all’università. Poi incontrano una ragazza, si innamorano di qualcuno e questa li rimette a posto. E tu dici: “Ma quello era?”. No, è diventato capace, fedele, è riuscito a finire l’università, ha messo la testa a posto. “Così, come ha fatto a obbligarlo? Quale pistola ha usato alla tempia?”. L’amore cambia le persone, l’amore cambia le persone, l’amore ci cambia. Ecco perché la preghiera ci cambia, ci converte, perché la vera preghiera è amore, perché Gesù è venuto al mondo per ricordarci che siamo amati e per insegnarci che cosa significa amare. “Amatevi gli uni e gli altri come io ho amato voi, non c’è amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici”.
Allora, tutto il cristianesimo è raccolto in quest’unica cosa: imparare ad amare. Allora uno dice: “Che significa amare i poveri, gli ultimi, andare a mettere pace nelle guerre?”. Sì, sì, tutto questo è bellissimo, ma tutta questa roba qui la possiamo fare solo se preghiamo. Cioè, solo se costruendo un rapporto con Gesù, quel rapporto ci cambia, perché se ti lasci cambiare dall’amore di Dio, puoi diventare un operatore di pace, puoi consolare, puoi indignarti delle ingiustizie, puoi cambiare il mondo, perché l’amore di Cristo ti ha reso capace di cambiare il mondo. Senza preghiera non andiamo da nessuna parte, perché senza amore l’uomo è morto.
Allora, il mio augurio è questo: che questo itinerario che farete durante quest’anno possa riaccendere dentro ciascuno di voi, di noi, il desiderio della preghiera, sapendo che qui si gioca tutta la nostra esperienza cristiana. A che cosa serve essere Chiesa portando avanti migliaia di attività e dimenticandoci l’unica cosa di cui c’è bisogno?. Direbbe Gesù a ciascuno di noi, come se fossimo Marta, ci direbbe: “Di una cosa sola c’è bisogno e Maria si è scelta la parte migliore che non le sarà tolta”. Ecco, nella preghiera noi scegliamo sempre la parte migliore, e qualunque cosa accadrà nella vita, nessuno potrà togliercela. Ecco l’augurio è che ciascuno di noi non si lasci mai rubare questo essenziale e torni a pregare.


