Preghiera di don Alessandro Deho’ (link al blog) ispirata al brano del Vangelo di domenica 15 dicembre 2024, Lc 3, 10-18
Parli piano, Giovanni,
disinneschi paziente l’euforia della folla,
provi a mutare in attesa
gli acerbi entusiasmi.
Ci vuole grande forza
a rimanere,
libero e stabile e radicato:
una montagna.
(Mentre il tuo cuore, invece,
bruciava d’attese
per antiche domande mai sbocciate in risposta.)
Finalmente Lui era nell’aria,
smuoveva la tua stessa sabbia,
respirava gli stessi orizzonti.
(Forse, come te, cominciava ad avere paura.)
Era giunto il tempo,
così tu iniziasti a morire.
Che solo i sepolcri
bramano resurrezioni.
Ti sforzavi di non fare,
giocavi a scomporti.
Sarebbe stato Lui
a ricucire i frammenti.
Rimanete, state immobili, dicevi loro,
non fate,
solo spogliatevi della tunica di troppo,
rimanete vulnerabili,
esposti al vento.
Rimanete, state immobili,
costringete il fratello a prendere del vostro pane,
affamatevi, restate vuoti,
spalancati.
Rimanete, anche voi pubblicani,
non cambiate lavoro, non è quello che importa,
solo disarmate l’eccesso di potere,
smascherate la brama di avere,
siate semplici, come stupidi: limitatevi.
Rimanete fermi, immobili,
anche voi soldati,
non è ancora tempo di trasformare le spade in aratri,
solo accontentatevi di ciò che siete.
Cantavi loro di morire
da vivi,
chiedevi l’estrema obbedienza:
svuotarsi.
Poi a sera
camminavi, solo e impaziente,
e digiunavi per scacciare la follia di iniziare a sentirti il Cristo:
hai dissanguato nella penitenza il tuo orgoglio.
Sedevi, sfidavi quella folla
affamata di un pane che poi avrebbero rifiutato,
tenevi a bada quella gente che mai l’avrebbe capito,
stavi, con estrema pazienza, già immaginando che anche loro l’avrebbero crocifisso.
Non disperderli
fu l’atto più alto della tua umiltà,
imparare a non avere vergogna di loro,
come fossero tuoi figli.
Sarà più forte delle nostre mediocrità,
brucerà perfino i nostri peccati,
nemmeno i sandali potrò slacciargli,
lui si muoverà scalzo rendendo sacra ogni vita.
Farà ardente il roveto dei nostri affanni,
sarà il respiro stesso di Dio,
ci travolgerà in un turbine di comunione,
mostrerà del Padre il volto.
Strapperà il velo,
sconvolgerà le attese,
battezzerà nel fuoco,
esploderà di misericordia la Legge,
raccoglierà il frumento,
perché i suoi occhi sapranno vedere
perfino in noi il frutto.
Nell’inestinguibile fuoco finiranno le nostre miserie.
Poi li lasciavi,
con lama spietata aprivi il tuo cuore,
arpionavi a preghiere il mistero
e di te stesso facevi carcassa,
consegnandoti a un Dio avvoltoio.
don Alessandro Deho