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Pregare è come voler bene

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Padre Ermes Ronchi paragona la preghiera all’atto naturale del respirare, essenziale per la vita.

Pregare non consiste nella recitazione di formule, ma in un atteggiamento interiore simile al volere bene. Ogni cosa nell’universo è vista come una forma di preghiera, un anelito verso Dio, di cui l’essere umano è voce cosciente.

La vera preghiera risiede nella consapevolezza che ogni momento ed emozione può essere ricondotto al Signore, privilegiando l’intensità dell’intimità con Dio rispetto alla quantità di preghiere. Anche la gioia di vivere e il piacere dell’esistenza, se condivisi e offerti come ringraziamento, diventano una forma autentica di preghiera.

Dopo il video puoi leggere la trascrizione.

Trascrizione

Per me, pregare è come respirare. Se chiedono: “Ma tu perché preghi?”, è come se ti chiedessero: “Ma tu perché respiri?”. È semplice: per vivere. E la preghiera è questo. Io prego perché vivo, e vivo perché prego. Pregare poi non è dire preghiere, dire formule, ripetere parole. Pregare è come voler bene.

Tante volte vengono delle persone e dicono: “Padre, preghi per me, perché io non ho tempo. Preghi lei, perché io non trovo il momento”. Ma io rispondo che non è che ci voglia tanto tempo per pregare, perché è come voler bene. Se tu vuoi bene a una persona, vuoi bene qualsiasi cosa tu faccia, qualsiasi lavoro tu stia facendo. Non occorre mettersi lì e dire: “Adesso, ecco, per mezz’ora voglio bene a quella persona”, oppure: “Per mezz’ora adesso prego”. La preghiera è già in noi.

Tutto nell’universo prega. Pregano queste colline, pregano questi alberi, prega il corniolo alle mie spalle. Tutto prega nella natura, perché tutto ascende verso Dio. Tutto prega, perché tutto è in cammino verso Dio. E noi siamo la voce cosciente di questo cammino universale verso Dio. La preghiera è la consapevolezza che ogni creatura è incamminata verso il suo Signore.

Tutto ciò che ti circonda, ogni momento della giornata, ogni istante di vita, il momento di gioia provato, il momento di gratitudine, il momento di dolore, la festa e le lacrime, tu riesci a ricollegare tutto al Signore. In questo momento, tu stai pregando con il cuore. Non si tratta di dire parole, non si tratta di trovare le definizioni di questo, ma di far crescere in noi la coscienza che tutto è desiderio di Dio. Tutto in noi è desiderio di comunione, tutto è bisogno d’amore.

Quando hai questa consapevolezza, la risposta è in Dio. E allora tu cammini, e questo desiderio, questo desiderio di Dio, dice Sant’Agostino, il tuo desiderio di Dio è già preghiera. Il tuo desiderio di pregare è già preghiera. Quindi non dobbiamo puntare a moltiplicare tanto i nostri salmi, le nostre preghiere. Dice un padre della Chiesa: “Vale più un minuto nell’intimità che cento salmi nella distrazione”.

Allora, non lasciamoci oscurare dal velo della quantità di parole dette, dalla quantità di preghiere dette, ma cerchiamo l’istante dell’intimità con Dio. E tutto il resto è solo cammino propedeutico, è solo un noviziato per arrivare all’intimità con il Signore. E quella dura un istante, quella vale non per la sua durata, ma per la sua intensità.

In fondo, che cos’è l’eternità? Ci fa paura un po’ l’eternità, perché pensiamo che sia un’indefinita durata che non finisca mai. Una certa, ma dobbiamo pensarla invece non come durata indefinita, ma come intensità. Allora, se pensiamo anche all’eterno tempo con Dio come intensità, capiamo qualcosa di ciò che significa pregare nell’intimità, non sotto il velo delle molte preghiere.

Imparare a pregare con la gioia di vivere. La tua gioia di vivere è già preghiera. Tu pensa: quando un bambino dice al suo papà, alla sua mamma: “Oggi sono contento, sono stracontento, sono felice”, fa felice i genitori. Così tu, quando nella tua gioia di vivere, nel piacere di esistere provato anche inconsci, tu in qualche modo riesci a ricollegare questo a Dio, tu stai pregando. Se la tua gioia non è un fatto semplicemente narcisistico, isolato, ma tu senti di trasmettere questo ad altri, e senti che dire: “Sono contento oggi”, dirlo come un “grazie a Dio”, questa è la prima preghiera.

E io credo che è dire: “Signore, guarda, complimenti, hai fatto bene. Complimenti all’architetto”. Io ricordo che girando in aereo, la prima volta che sono passato sopra il Polo Nord, mi sono emozionato moltissimo, e mi veniva da cantare il “Magnificat” dal fondo dell’anima. E ricordo di avere detto questa frase: “Complimenti, Signore, hai fatto delle cose bellissime”.

E allora, quando riusciamo a vivere un momento di felicità, cerchiamo solo di aggiungerci quella scintilla per dire un “grazie”. E la nostra gioia di vivere, il piacere di esistere, umile provato con gli amici, provato in una sera di musica, provato con un buon bicchiere di vino con chi ti vuol bene, diventa preghiera autentica. E dire al Creatore: “Complimenti, hai fatto bene le tue creature. E le tue creature ti dicono grazie”.