Io ti conosco, Parola,
così pazientemente costruita,
con i tuoi archetti
più tenaci delle nostre voci.
Io ti saluto, Parola,
liberata dall’essere detta,
che ci trae fuori da noi stessi
come cervo fuori dalle selve.
Io ti circondo, Parola,
ti voglio preda e docile;
tu maturi blu e libera
e mi inventi a tua volta.
Se, geloso della tua cima,
io ti salgo, Parola,
la mia ombra provvisoria
si annulla a ogni svolta.
A. Chedid, Controcanto